L. R. 21 Maggio 1980 - N. 59
Norme per gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente. 
(Pubbl.
Bollettino Ufficiale della Regione Toscana del 30.5.1980 - N. 32 )
Gli Articoli: dal 2 al 16 e l’Allegato, sono
abrogati dalla L. R. 14 Ottobre 1999 – N°52
Articolo 1
(Finalità)
La  presente  L. 
disciplina  gli  interventi 
sul  patrimonio edilizio
esistente.
Gli interventi  sono
finalizzati  al recupero  dell’edificato, al superamento delle  condizioni di 
degrado presenti  nelle zone di
recupero di  cui all’art.  27 della 
L. 5  agosto 1978 n. 457, nonché a
conseguire:
a) la  valorizzazione  degli 
assetti    sociali  e   
produttivi   esistenti;
b) le 
utilizzazioni  compatibili  rispetto 
ai  caratteri  degli   
immobili, tese al riequilibrio delle funzioni sul territorio;
c) il 
soddisfacimento delle  esigenze
residenziali e il recupero delle attività produttive compatibili;
d) la  dotazione  dei 
servizi  pubblici  e 
collettivi  e  degli standard di L.;
e) la  tutela e  la 
valorizzazione    dei  caratteri 
culturali,  espressivi,  ambientali  
e  di  testimonianza 
storica  degli  edifici, nonché delle aree di particolare
valore paesistico.
TITOLO I
INTERVENTI SUL
PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE
Articolo 2
(Definizione degli interventi sul patrimonio edilizio
esistente)
Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente sono:
a) la manutenzione ordinaria;
b) la manutenzione straordinaria;
c) il restauro ed il risanamento conservativo;
d) la ristrutturazione edilizia;
e) la ristrutturazione urbanistica.
Le opere e gli interventi ricadenti nelle suddette
categorie sono specificati nell’allegato 
alla presente L.. Le definizioni in esso contenute  prevalgono su 
quelle degli strumenti urbanistici generali e dai regolamenti edilizi.
Articolo 3
(Norme sulla manutenzione straordinaria)
I Comuni provvedono ad integrare i propri regolamenti
edilizi per dettare norme  relative  alla 
documentazione  da  allegare 
alle domande di  autorizzazione
ad  eseguire i  lavori di manutenzione
straordinaria ai sensi dell’art. 48 della L. 5-8-1978, n.
457. 
Fino a  che non  sia divenuta esecutiva la deliberazione
comunale prevista dal  comma precedente,
l’istanza rivolta al Sindaco deve essere corredata da apposita relazione nella
quale siano indicate
le caratteristiche 
dell’edificio e  degli  interventi 
previsti, comprendente   documentazione    fotografica,   nonché,  
quando necessario,  adeguata   rappresentazione  grafica  
delle   parti interessate ai
lavori. Deve essere inoltre indicato il nominativo del  direttore  
dei  lavori,  ove 
previsto  nella  legislazione vigente, e quello dell’assuntore
dei lavori.
Nell’atto di 
autorizzazione sono  indicati i
termini di inizio e di ultimazione  dei
lavori  e le  eventuali 
modalità  esecutive degli
interventi.
Il termine  di
inizio  non può  essere superiore  a un 
anno; il termine di  ultimazione
non può essere superiore a tre anni. Nel caso di  cui al 
secondo comma  dell’art. 48 della
L. 5 agosto 1978, n.  457, il  termine per 
l’ultimazione dei  lavori decorre
dalla data della comunicazione al Sindaco del loro inizio.
Nell’esecuzione degli 
interventi di  manutenzione  straordinaria devono comunque  essere rispettate  le eventuali prescrizioni dei regolamenti
edilizi  o degli  strumenti urbanistici  in ordine ai materiali e  ai 
colori  da  usare; 
non  devono  inoltre 
essere alterati i  caratteri
espressivi  degli edifici riguardo sia
agli elementi architettonici e decorativi sia all’arredo urbano.
Qualora i  lavori
di  manutenzione siano effettuati senza
che sia stata negata,  o i lavori siano
iniziati prima della scadenza del termine di cui al secondo comma dell’art. 48
della citata L. 5 agosto 1978, n. 457, ovvero siano effettuati in difformità
dalla autorizzazione stessa,  si
applica  una  sanzione 
amministrativa pari al costo presunto delle opere eseguite.
Agli effetti del comma precedente, sono responsabili in
solido il committente, il direttore e l’assuntore dei lavori.
Nel caso  di cui  al secondo 
comma dell’art.  48 della  L.  5
agosto 1978,  n. 457,  qualora il richiedente dia corso ai lavori
senza darne  comunicazione al  Sindaco, si 
applica una  sanzione
amministrativa da lire 100.000 a L. 300.000.
Nei casi  di
violazione delle prescrizioni di cui al quinto comma e nei casi contemplati dal
sesto comma del presente Articolo - in alternativa alle sanzioni pecuniarie per
questi ultimi previste - il  Sindaco  può, 
qualora  lo  richieda 
l’interesse  pubblico, ordinare
la  rimessione in  pristino o l’adeguamento delle opere, ai
sensi dell’Articolo 32 della L. 17 agosto 1942, n. 1150.
Articolo 4
(Interventi ammissibili sul patrimonio edilizio esistente)
Nelle zone  omogenee
classificate  "A "ai  sensi del 
D.M. 2 aprile 1968 n.  1444
ed  in quelle  ad esse 
assimilate dagli  strumenti  urbanistici vigenti  sono consentiti  i seguenti 
interventi  sul patrimonio  edilizio  
esistente,   ancorché   dagli  
strumenti urbanistici non previsti o subordinati a piano
particolareggiato, fermo restando quanto previsto dall’art. 14 della presente
Legge: 
a) gli interventi di cui alle lettere a), b) e c)
dell’Articolo 2  della presente Legge;
b) gli  interventi
di  cui alla  lettera D 
1 dell’allegato alla presente Legge con esclusione di quelli relativi
agli immobili   oggetto di notifica ai
sensi della L. 1 giugno 1939 n. 1089  e
agli  immobili ad  essi assimilati ai sensi del punto 2) del  secondo comma del successivo Articolo 7.
Nelle zone 
omogenee  diverse  da 
quelle  classificate  A 
"sono consentiti  tutti   gli 
interventi   previsti  dallo  
strumento urbanistico, esclusi 
quelli riguardanti  gli
edifici  oggetto di notifica ai  sensi della 
L. 1 giugno 1939, n. 1089, per i quali sono  consentiti unicamente  gli interventi  di cui alla lettera a) del comma precedente.
Nelle zone  di
cui  all’art. 1, comma 1, della L. R. 19
febbraio 1979, n. 10, resta ferma la disciplina prevista da detta Legge e dalle
successive modificazioni.
Gli  interventi   di 
cui   al  presente 
Articolo  non  potranno comportare destinazioni  d’uso in contrasto con quelle consenti e dal
vigente  strumento urbanistico  comunale, o 
- in mancanza di tali previsioni 
- destinazioni  diverse da  quelle 
in  atto  al momento di 
entrata in  vigore della  presente Legge, a meno che, previo parere  motivato espresso  con deliberazione del Consiglio Comunale,
soggetta  al solo  controllo 
di  legittimità  di  cui
all’art. 59  della L. 10 dicembre 1953 n.
62, non sia consentita la destinazione di 
singoli edifici  ad uso  pubblico, per attività sanitarie, culturali,
ricreative, scolastiche, o a sedi di uffici di enti pubblici.
In difetto  di
specifiche  previsioni dello strumento
urbanistico comunale, possono  essere
consentite,  con la  stessa 
procedura, anche utilizzazioni  ad
uso  residenziale per  singoli immobili o complessi  edilizi 
riconosciuti  non  più 
necessari  agli  usi precedenti, o  per parti 
di edifici  in funzione  di adeguamenti igienico  - 
funzionali  rispetto  alla 
prevalente  destinazione
residenziale in atto.
Gli  interventi   sugli 
immobili  non  più 
utilizzati  a  fini agricoli, di cui all’Articolo 9 della L.
R. 19 febbraio 1979, n.  10 e  successive 
modificazioni,  sono  ammissibili 
se finalizzati a conseguire uso residenziale.
Eventuali altre 
destinazioni potranno  essere
ammesse solo sulla base di  piani di  recupero ai 
sensi  dell’Articolo  11, 
ultimo comma, della presente Legge.
Nelle zone  di
recupero  di cui  all’art. 27 della L. 5 agosto 1978 n.  457 - 
ad esclusione  che per  gli immobili, i complessi edilizi, gli  isolati o 
le aree  soggetti al  disposto di cui al terzo comma  dello stesso 
Articolo - sono consentiti, oltre agli interventi  sul 
patrimonio  edilizio  esistente 
previsti  dagli  ultimi 2 
commi del  suddetto art.  27, anche 
quelli di  cui  al presente Articolo ed al seguente Articolo
5.
Per le zone assoggettate al piano di recupero deve inoltre
essere osservato il  disposto
dell’art.  27, ultimo  comma della L. 5 agosto 1978 n. 457. 
Articolo 5
(Disciplina degli 
interventi sul  patrimonio
edilizio  esistente con variante allo
strumento urbanistico vigente)
Al fine  di
adeguare  lo strumento  urbanistico alle finalità di cui al  precedente Articolo  1, i 
Comuni  possono  adottare 
una variante  che   definisca 
il   complesso  degli 
interventi  sul patrimonio
edilizio  esistente secondo  le categorie previste dal precedente Articolo
2.
Per tale variante non é necessaria l’autorizzazione
regionale.
Con la predetta variante:
- si procede alla classificazione dei singoli immobili,
complessi   edilizi, isolati  o aree, 
sulla base  di parametri riferiti
ai   caratteri   architettonici   e  
urbanistici,   al   grado  
di   testimonianza  storica,  
al  
   valore  culturale 
espressivo  ed   ambientale ed alla tipologia;
- si  indicano
le  destinazioni d’uso eventualmente
incompatibili   con i caratteri di cui al
precedente alinea, tenuto conto anche  
delle utilizzazioni in atto e delle esigenze del recupero;
- si disciplinano per categorie omogenee:
  a) i   tipi 
di    intervento  ammissibili, 
in  rapporto  alle    
definizioni di cui al precedente Articolo 2;
  b) le  modalità di 
attuazione  degli  interventi, 
le  unità  minime degli 
interventi stessi  o i  criteri 
per  la  loro successiva individuazione, le
tecnologie;
  c) i parametri per
gli standard edilizi e tipologici, igienico-funzionali e tecnologici.
In  presenza   di 
particolari   caratteristiche  tipologiche 
ed espressive  degli   edifici, 
al   solo  scopo 
di  agevolare  il mantenimento delle  funzioni residenziali  in atto, o l’eventuale recupero delle  stesse nel 
rispetto  delle  caratteristiche,  la variante di  cui al 
comma precedente può prevedere deroghe alle vigenti disposizioni in
materia di altezze minime interpiano e di standard tecnologici e
igienico-sanitari.
Per l’approvazione 
della variante  di  cui 
al  primo  comma 
si seguono le procedure di cui all’Articolo 10 della L. 17 agosto 1942
n.  1150 e successive modificazioni e
integrazioni anche nel caso di programmi di fabbricazione e di regolamenti
edilizi.
La classificazione  e
la disciplina normativa di cui i precedenti commi, potranno  essere disposte  con atti 
separati ciascuno dei quali riguardanti 
una o  più zone,  o parti 
di  esse,  purché costituenti ambiti unitari organici.
Potranno essere 
prescritti, per  i vari  tipi di 
interventi sul patrimonio edilizio esistente, particolari materiali,
tipologie o modalità costruttive in relazione alle peculiarità dei relativi
centri abitati  e alle  opere di cui alle categorie di intervento di
cui all’art. 2.
La variante  adottata
deve essere trasmessa alla Regione entro 90 giorni dalla  data di 
scadenza dei termini entro 90 giorni dalla data di  scadenza dei termini entro cui possono essere
presentate
osservazioni ai sensi dell’Articolo 9 della L. 17 agosto
1942, n. 1150.  Trascorso detto  termine, non 
sono più applicabili le misure di 
salvaguardia  rispetto  ad 
interventi  ammessi  dalla presente Legge.
Articolo 6
(Contenuto della variante)
L’atto di cui all’Articolo precedente é formato da:
a) una relazione illustrativa dei dati conoscitivi dei
criteri di base della  classificazione e
della normativa, dello stato dei    servizi  e  
delle  infrastrutture   urbane 
esistenti,  degli    obiettivi e 
delle finalità  di  cui  
    al  secondo 
comma  del    precedente Articolo  1. In 
caso di  degrado ambientale per
la    presenza di  fenomeni di 
dissesto idrogeologico, la relazione   
sarà  corredata   da 
perizia  tecnica  a 
firma  di    
    geologo    abilitato 
all’esercizio   professionale  e 
dal  progetto  di   
massima degli interventi di consolidamento;
b) una  cartografia
in  scala 1:  1.000/1: 2.000 sulla quale sono   riportati 
distintamente   la  classificazione,   i 
tipi   di    intervento ammissibili e le destinazioni
consentite; 
c) l’elenco degli immobili, nonché dei complessi edilizi e
delle    aree di rilevante valore
storico, artistico, ambientale, anche  in
rapporto  alle notificazioni  di cui 
alla L.  1  giugno 1939, n.  1089 e agli ambiti 
    assoggettati alla
L. 29 giugno 1939, n. 1497;
d) l’elenco  delle
costruzioni  esistenti nelle zone
agricole che ono ritenute,  ai sensi  dell’ultimo 
comma  dell’Articolo  1 della L. R. 19  febbraio 1979, n. 10 di particolare  valore culturale o ambientale;
e) gli  elementi
costituenti  l’arredo urbano  da salvaguardare e  valorizzare;
f) le norme di attuazione degli interventi previsti.
Articolo 7
(Procedure per 
consentire nelle zone "A "in assenza di variante, gli
interventi di cui alla lettera D 2 dell’allegato)
Gli interventi 
di  cui  alla 
lettera  D2  dell’allegato 
alla presente Legge possono essere 
attuati nei  singoli  immobili 
o complessi edilizi  ricadenti
nelle  zone omogenee classificate
"A" e  in   quelle 
ad   esse  assimilate  
dai  vigenti   strumenti urbanistici, anche in assenza
della variante di cui al precedente Articolo 5, 
fatta eccezione  per  quegli 
immobili  e  complessi edilizi compresi in elenchi
appositamente redatti dai Comuni.
Nei precedenti 
elenchi sono  inclusi gli  immobili, i 
complessi edilizi e  le zone  edificate aventi  carattere architettonico  e urbanistico significativo  per testimonianza  storica, per valore culturale  ed  
ambientale,  per  connotazione 
tipologica  o  di aggregazione,  effettuandosi,  fra 
tali  immobili,  la 
seguente distinzione:
1) immobili 
dichiarati di interesse storico o artistico ai sensi  della L. 1 giugno 1939, n. 1089;
2) quelli  di  speciale   
interesse,  parificati,  agli 
effetti  dell’Articolo 4 della
presente L., agli immobili suddetti;
3) immobili o complessi edilizi diversi da quelli
precedenti.
Dell’elenco 
possono  far  parte 
anche  in  singoli 
immobili  e complessi edilizi ricadenti
in zone omogenee classificate in modo diverso dalle  "A "nei vigenti strumenti
urbanistici, quando essi abbiano caratteri 
architettonici e urbanistici analoghi a quelli di cui  al secondo 
comma del  presente Articolo,  fermo restando quanto specificatamente
disciplinato all’ultimo comma dell’art. 1 della L.R. 19 febbraio 1979, n. 10.
Negli immobili  di
cui  ai punti  1) e 
2) possono  attuarsi  gli interventi indicati alla lettera a) del
precedente Articolo 4.
Gli elenchi  sono
adottati  senza  la 
prescritta  autorizzazione
regionale e  sono approvati  con la 
procedura  prevista  per  le
varianti agli strumenti urbanistici.
Con i  provvedimenti
di  approvazione la  Regione può 
apportare agli elenchi  le
modifiche e le integrazioni ritenute necessarie, secondo le  procedure di cui alla vigente legislazione in
materia urbanistica.
Gli interventi di cui alla lettera D2 dell’allegato alla
presente Legge  sono   consentiti 
negli   immobili  o 
complessi  edilizi ricadenti
nelle  zone omogenee  classificate "A  "o in 
quelle ad esse assimilate  dai
vigenti strumenti urbanistici, che non siano compresi  nei  
suddetti  elenchi,   solo  
dopo   l’approvazione definitiva
degli elenchi stessi da parte della Regione.
TITOLO II
ZONE DI RECUPERO E
DISCIPLINA DEI PIANI DI RECUPERO
Articolo 8
(Categorie di degrado)
Agli effetti  della
individuazione  delle zone di recupero di
cui all’art. 27  della L.  5 agosto 
1978 n.  457 sono definite le
seguenti categorie di degrado: 
a) degrado 
urbanistico, ove  vi sia  carenza della funzionalità dell’impianto
urbano dovuta a insufficienza degli standard di cui  al  
D.M.  2   aprile 
1968  n.  1444, 
o  delle  opere 
di  urbanizzazione primaria 
    e secondaria;
b) degrado  fisico,
ove le condizioni d’uso dei singoli edifici o 
complessi  edilizi   siano 
ridotte  a  causa 
delle  precarie    condizioni di  staticità connesse  all’usura del 
tempo o  ad    inadeguate 
tecniche   
    costruttive  rispetto  
alla   funzione  dell’immobile, ovvero a causa della
fatiscenza delle strutture  e delle
finiture, della inadeguatezza tipologica rispetto alle  esigenze 
funzionali,  della  carenza 
o  
   
inadeguatezza  degli impianti
tecnologici;
c) degrado  igienico,
ove  vi sia  mancanza o insufficienza degli  impianti igienico  - sanitari, 
sia come  dotazione  che 
come  organizzazione  funzionale,  
o  insufficiente   aerazione  
e    illuminazione   diurna,   
    nonché   ridotte  
condizioni   di  abitabilità e 
di  utilizzazione  in 
relazione  all’impianto    planivolumetrico o  alla presenza 
di condizioni  generali  di  
umidità;
d) degrado 
socio  -  economico, 
ove  sussistano  condizioni 
di  abbandono, di  sotto utilizzazione  o 
sovraffollamento  degli   immobili, o 
- comunque - vi sia impropria utilizzazione degli  stessi, ovvero 
    sussistano
strutture produttive non compatibili con le 
preesistenti funzioni 
residenziali, o  siano presenti
fenomeni comportanti  la
sostituzione  del tessuto  sociale 
e delle forme produttive ad esso 
    integrate;
e) degrado 
geofisico, in    presenza  di 
fenomeni  di  dissesto 
idrogeologico    richiedenti     complessi    interventi    di 
consolidamento dei  substrati  dell’abitato, 
di  aree  libere 
impropriamente utilizzate o 
    su cui insistono
ruderi di edifici distrutti da  eventi
naturali o artificiali, di superfetazioni 
che  alterino   la  
morfologia   e   l’impianto  
storico   -  architettonico  dell’immobile,   del 
complesso   edilizio   o
   
dell’impianto  urbano,   nonché  
nei   casi   di   impropria  utilizzazione, abbandono  o impoverimento  fisico 
delle  aree  libere urbane ed extraurbane.
Articolo 9
(Piani di recupero)
All’interno delle 
zone di  recupero, gli  immobili, i 
complessi edilizi, gli  isolati
e  le aree  per le 
quali il rilascio della concessione é 
subordinato alla formazione dei piani di recupero di cui  all’Articolo 28  della L. 
5 agosto  1978 n.  457 sono individuati dal  Comune con 
deliberazione consiliare soggetta al solo controllo di legittimità di
cui all’Articolo 59 della L. 10 febbraio 
1953 n.  62. Tale  deliberazione può  essere 
presa anche contestualmente a quella di adozione del piano di recupero.
Il Comune  procede
alla individuazione di cui al comma precedente in relazione alle condizioni di
cui al precedente Articolo.
Proposte di  piani
di  recupero di  cui al 
primo  comma  possono essere presentate anche dai
proprietari qualora rappresentino, in base all’imponibile  catastale, almeno  i tre 
quarti del  valore degli immobili
interessati.
Ai piani  di
recupero  di iniziativa  dei privati si applicano le disposizioni
di  cui all’art.  10 della 
L. 5  agosto 1978, n. 457.
Il piano  di recupero
prevede la disciplina per il recupero degli immobili, dei  complessi edilizi,  degli isolati 
e delle aree di cui al primo comma del presente Articolo.
In particolare esso può indicare:
- gli assetti di massima degli edifici;
- gli  eventuali
edifici o spazi riservati ad opere, attrezzature o impianti di interesse
pubblico;
- gli interventi di rilevante e preminente interesse
pubblico;
- gli  edifici,
o  le parti di essi, eventualmente
destinati alla demolizione;
- le unità minime di intervento;
- i tipi edilizi e le eventuali tecnologie;
- le  modalità,  i 
tempi  di  attuazione, 
le  finalità  degli  
interventi e le eventuali convenzioni tipo;
- gli interventi alla cui attuazione siano tenuti i
proprietari e  quelli ai quali deve
provvedere il Comune;
- le  modalità
sostitutive  da parte  del 
Comune  nel  caso 
di   inadempienza   dei    privati  
tenuti   all’attuazione   degli 
interventi.
Articolo 10
(Elaborati del piano di recupero)
Fanno parte del piano di recupero i seguenti elaborati:
a) descrizione 
storica,    fisica,    sociale 
e    patrimoniale dell’immobile
o  degli immobili  assoggettati 
al  piano,  con  
elenco dei  proprietari e  piano particellare delle proprietà  da espropriare o sottoposte 
    a particolari
vincoli, nonché con  planimetria in  scala 1: 
200 indicante lo stato attuale delle 
funzioni e  le carenze  igienico - 
sanitarie,  strutturali  e 
tecnologiche;
b) relazione 
illustrativa degli  obiettivi  del 
piano  e  delle 
modalità di  conseguimento,
corredata dalle norme tecniche di  
attuazione, dalle  planimetrie
in  scala 
adeguata  contenenti  l’eventuale rilievo  degli 
    immobili e delle
aree e indicanti i tipi di  intervento,
le unità minime di interventi, le nuove unità abitative e funzionali, le
eventuali destinazioni d’uso diverse da quelle residenziali, gli interventi di
preminente e
    rilevante
interesse pubblico; la relazione individua inoltre i soggetti   operatori   
e   le    eventuali   
modalità    di   convenzionamento. In caso  di degrado 
ambientale per la presenza di fenomeni di    
    dissesto  idrogeologico,   la 
relazione  sarà  corredata 
da  perizia tecnica  a firma 
di geologo  abilitato  all’esercizio 
professionale ed  il progetto  di massima 
degli interventi di  
consolidamento;
c) le eventuali convenzioni - tipo;
d) relazione  di previsione
di massima delle spese occorrenti per l’eventuale acquisizione  di aree, immobili i porzioni di essi e per le
sistemazioni generali necessarie per l’attuazione del piano;
e) programma  di
attuazione e di coordinamento degli atti e degli interventi necessari a
realizzare il piano.
Qualora  il  piano 
di  recupero  interessi 
immobili,  complessi edilizi
o  aree ricadenti  sotto il 
vincolo di cui alla L. 29 giugno 1939, 
n. 1497,  esso dovrà essere
redatto - per le parti oggetto del 
vincolo stesso  - nelle  forme di cui al terzo comma dell’Articolo 3
della L. R. 2 novembre 1979 n. 52.
Articolo 11
(Formazione ed approvazione del piano di recupero)
Il piano  di  recupero 
é  adottato  dal 
Consiglio  Comunale  e depositato presso  la Segreteria 
del Comune  per  la 
durata  di trenta giorni
consecutivi.
Dell’eseguito deposito 
é data  immediata  notizia 
al  pubblico mediante avviso  da affiggere 
all’Albo del  Comune e da inserire
nel Foglio  Annunzi  Legali 
della  Provincia,  nonché 
mediante manifesti.
Nei  trenta  giorni 
successivi  alla  scadenza 
del  periodo  di deposito potranno  essere presentate  opposizioni, in ordine alle quali il  Consiglio Comunale  decide in 
sede di approvazione del piano a 
norma del  secondo comma  dell’Articolo 28 della L. 5 agosto 1978, n.
457.
Normative o interventi in contrasto con gli strumenti
urbanistici vigenti possono  essere
previste  dal piano  di recupero soltanto attraverso la  contestuale adozione  di apposita variante. In tal caso,  peraltro, 
le  parti  del 
piano  non  in 
contrasto  sono immediatamente
operanti  dal momento  in cui diventa esecutiva la delibera di  adozione, ai sensi dell’art. 28, secondo
comma della L. 5  agosto 1978  n. 457 
a condizione  che tali parti
risultino espressamente dal  piano.
Non  é necessaria la variante, qualora
gli  interventi,   anche 
se   non   previsti  
dallo   strumento urbanistico,
sono  ammessi ai  sensi degli 
artt.  4  e 
7  della presente Legge.
Per gli  immobili
di  cui all’Articolo 9 della L.R. 19 febbraio
1979,  n. 10  e successive 
modificazioni, il  piano di
recupero può  prevedere destinazioni  anche 
diverse  da  quella residenziale,  nonché 
realizzazioni  di  un 
numero  di  unità abitative  superiore  
a   quello   esistente,  
ferma   restando l’esclusione
di  tipologie riferibili  a residence o complessi di mini-appartamenti
o monolocali.
Articolo 12
(Rapporto fra 
piani  di  recupero 
e  programmi  pluriennali 
di attuazione)
Gli interventi  sul
patrimonio  edilizio esistente  compresi 
nei piani di  recupero
approvati,  costituiscono parte
integrante dei programmi pluriennali  di
attuazione  previsti dall’art. 13 della
L. 28  gennaio 1977  n. 10. A tale effetto, i Comuni obbligati
alla redazione  dei programmi pluriennali
di attuazione, o che di tali programmi 
si  siano  comunque 
dotati,  provvedono  a  dare
immediata  comunicazione  alla 
Giunta  Regionale  dei 
piani  di recupero approvati,
trasmettendone copia.
Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente non
compresi nei piani  di  recupero 
devono  comunque  ritenersi 
automaticamente inclusi nei 
programmi pluriennali di attuazione, fatta eccezione per gli interventi
di cui alla lettera e) del precedente Articolo 2, per  i quali si procede all’inserimento nei
suddetti programmi secondo le  procedure
di cui all’Articolo 5 della L.R. 24 agosto 1977 n. 60.
Se con  l’adozione
del  piano di  recupero si 
dimostri di  avere provveduto  al  
soddisfacimento  di  una 
quota  del  fabbisogno abitativo tenuto  a base 
del vigenti  programma  pluriennale 
di attuazione,  possono  essere 
deliberate  varianti  al 
programma stesso,  secondo   le 
modalità   e   le  
procedure   stabilite
dall’Articolo 8 della L. R. 24 agosto 1977 n. 60.
Articolo 13
(Attuazione degli interventi previsti dai piani di
recupero)
All’attuazione dei 
piani di  recupero provvedono  i 
Comuni  nei seguenti casi:
a) per  gli
interventi  che essi  intendono eseguire direttamente per il  recupero del 
patrimonio edilizio degli enti pubblici, anche  avvalendosi  
degli  istituti   autonomi 
per  le  case 
popolari;
b) per gli interventi di adeguamento delle urbanizzazioni;
c) per  gli   interventi 
di  rilevante  e 
preminente  interesse   pubblico, anche mediante il convenzionamento
con i privati.
L’approvazione dei  piani
di recupero equivale a dichiarazione di pubblica utilità,  indifferibilità e  urgenza di tutte le opere riguardanti
gli  interventi di  cui alle 
lettere  b)  e 
c)  del precedente comma.  I Comuni 
possono  affidare  la  realizzazione
delle opere di urbanizzazione ai proprietari singoli o riuniti in consorzio,
che  eseguono gli  interventi previsti  dai 
piani  di recupero.
Gli interventi  di
cui alla lettera c) sono individuati come tali dal  piano 
di  recupero,  sulla 
base  di  congrue 
ed  espresse motivazioni.
All’attuazione degli 
interventi che  non competono  al Comune 
a norma del  primo  comma, 
del  presente  Articolo, 
provvedono  i proprietari
degli  immobili e  delle aree, 
singoli o  riuniti in consorzio.
I proprietari, 
singoli o  riuniti in consorzio,
possono altresì chiedere di  realizzare,
mediante convenzionamento con il Comune, gli interventi  di 
rilevante  e  preminente 
interesse  pubblico previsti dal
piano di recupero ai quali siano interessate le loro aree ed i loro immobili.
In caso  di
inerzia  dei proprietari,  trascorsi i tempi previsti dai piani  di recupero, 
il Comune,  previa diffida ad
iniziare i lavori entro  il termine di un
anno, ha la facoltà di provvedere all’esecuzione  delle  
opere  previste   dal  
piano,   mediante occupazione  temporanea, 
con  diritto  di 
rivalsa  delle  spese sostenute, nei confronti dei
proprietari.
Nei  Comuni   esonerati 
dall’obbligo  di  dotarsi 
di  programmi pluriennali di  attuazione ai 
sensi dell’Articolo  3 della L.R.
24  agosto 1977,  n. 60 
gli interventi  che secondo  i piani di 
recupero devono  essere attuati
dai privati, in caso di inerzia dei 
medesimi, possono essere attuati dal Comune mediante esproprio.
L’esproprio  può aver  luogo solo 
dopo che il Comune abbia diffidato i proprietari delle unità minime di
intervento a dare corso  alle opere  previste dal piano di recupero con inizio
delle stesse in un termine non inferiore ad un anno.
Per i  Comuni che
adottano i programmi pluriennali di attuazione, ai sensi  dell’Articolo 13 della L. 28 gennaio 1977, n.
10, la diffida di  cui al  comma precedente  può effettuarsi,  ai 
fini dell’esproprio, soltanto una volta decorso il termine di scadenza
del programma nel quale ciascun piano di recupero approvato viene incluso.
Alle occupazioni 
ed  alle  espropriazioni  di  cui  al 
presente Articolo si  applicano
le  disposizioni di cui al Titolo II
della L. 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni.
TITOLO III
NORME FINALI
Articolo 14
(Strumenti Urbanistici Vigenti)
I piani 
particolareggiati, i  piani
per  l’edilizia economica  e popolare 
e  le  varianti 
agli  strumenti  urbanistici 
generali finalizzati  a  regolamentare 
gli  interventi  di 
recupero  del patrimonio
edilizio  esistente, approvati alla data
di entrata in vigore della presente L., sono fatti salvi nei confronti delle
presenti norme, fermo restando il disposto dell’Articolo 34 della L. 5 agosto
1978, n. 457.
Articolo 15
(Rilascio temporaneo degli immobili)
Per il  trasferimento
e la sistemazione temporanea delle famiglie che abitano  in immobili 
nei quali  l’intervento di  recupero è realizzato dal Comune, questo
provvede:
a) utilizzando  la
riserva  di alloggi di cui all’art. 10
del D.P.R.  30 dicembre 1972, n. 1035;
b) utilizzando, anche attraverso l’acquisto di alloggi
esistenti,  i  fondi 
che  saranno  determinati 
dalla  Regione  ai 
sensi dell’art. 29, L. 5 agosto 1978, numero 457.
Articolo 16
(Oneri di urbanizzazione relativi agli interventi di
recupero del patrimonio edilizio esistente)
Con 
deliberazione   comunale,  soggetta 
al  solo  controllo 
di legittimità di  cui all’art. 59
della L. 10 febbraio 1953, n. 62, ai 
coefficienti di  cui ai  nn. 1 
e 2 delle tabelle C e C1, allegate alla 
L.R. 24 agosto 1977, n. 60, possono essere apportate riduzioni non  superiori al 
60% dei  valori ivi  indicati. 
Tali riduzioni possono  essere
differenziate  per le singole categorie
di intervento  di cui  all’art. 2 
della presente  Legge,  o  per
gruppi di  esse e  sono comunque 
comprensive di  quelle previste
dall’Articolo  19  della 
citata  L. R.  n. 
60.  Sono comunque esclusi  da tali 
riduzioni gli  interventi  riguardanti
immobili, complessi 
edilizi o  singoli alloggi che
siano censiti al Nuovo  Catasto
Edilizio  Urbano in categoria di lusso ai
sensi della normativa vigente.
Il testo  delle
descrizioni degli interventi indicati ai punti 1, 2 e  3 delle tabelle C e C1, allegate alla citata
L. R. n. 60, é così modificato:
   "1)
interventi di restauro e risanamento conservativo
    2) interventi di
ristrutturazione edilizia
    3) interventi di
nuova edificazione:
    a)  con indice 
di fabbricabilità  inferiore
a  1,5 mc 
/mq, oppure  nel   caso 
di   ricostruzione,   a  
seguito  di  demolizione, senza aumento di volumi ".
Restano immutati  la
descrizione  dei rimanenti interventi di
cui al n. 3 e le altre indicazioni delle tabelle.
Articolo 17
(Contributi e agevolazioni)
Per agevolare  la
formazione  delle varianti di cui al
precedente Articolo 5  e dei  piani di 
recupero di  iniziativa comunale,
la Regione  concede   ai 
Comuni  interessati  contributi 
ai  sensi dell’art. 2  della 
L.  regionale  17 
gennaio  1973  n. 
8  e successive modificazioni.
I Comuni  che
provvedono  entro un  anno dalla 
entrata in vigore della presente 
L., alla  redazione degli  elenchi di 
cui  al  precedente Articolo  7 
o  di  quelli 
di  cui  all’ultimo 
comma dell’Articolo 1  della
L.  regionale 19  febbraio 1979, n. 10, possono ottenere  dalla Regione 
il rimborso  fino al  90% 
delle spese occorse  per la  redazione degli  elenchi stessi, fino a un massimo di Lire
10.000.000 per ogni Comune.
I contributi  di cui
ai precedenti commi possono riguardare anche le spese  incontrate dai  Comuni per 
rilievi, ricerche storiche, documentazione e  comunque per l’acquisizione di dati
conoscitivi relativi al patrimonio edilizio esistente, ivi compresi i rilievi
aerofotografici.
Al  fine  di 
favorire  interventi  di 
recupero  sul  patrimonio 
edilizio esistente,  la Regione
promuove convenzioni con istituti di credito 
per la  concessione di  mutui a 
tasso  agevolato  ai Comuni e ai privati.
Articolo 18
(Disposizioni finanziarie)
All’onere derivante 
dall’applicazione  di  quanto 
previsto  dal  secondo comma 
del precedente  art. 17  é fatto 
fronte mediante l’istituzione, nel 
bilancio 1981,  di apposito  capitolo con 
la seguente denominazione: 
"Rimborso ai  comuni per  la 
formazione degli elenchi  di
cui  all’art. 7  della LR n. 51 del 9-4-80 (AC)  "il cui 
stanziamento sarà  determinato
dalla  stessa  Legge 
di bilancio.
Articolo 19
(Modifiche alla L. regionale 28 maggio 1975, n. 56)
All’Articolo unico 
della L.  regionale 28 maggio
1975, n. 56,  modificato con  L. R. 19 agosto  1976, n. 
56, recante norme per  gli
interventi  nei centri  storici, sono apportate le seguenti
modifiche.
I commi secondo e terzo sono abrogati.
Il primo periodo del quarto comma é così sostituito:
   "Gli
interventi  di recupero sul patrimonio
edilizio esistente compresi quelli non previsti dall’art. 4 della L. R. sulla
Disciplina  degli  interventi 
sul  patrimonio  edilizio  
esistente  possono   essere 
effettuati   
    anche  attraverso 
i    seguenti strumenti  attuativi di 
piani regolatori  generali e    programmi di fabbricazione ".
Gli ultimi due commi sono abrogati.
ALLEGATO
(Definizione degli interventi sul patrimonio edilizio
esistente)
A) Manutenzione ordinaria
Gli  interventi   di 
manutenzione   ordinaria  sono 
quelli  che riguardano le  opere di 
riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture  degli edifici 
e quelle  necessarie a integrare o
mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.
Tali interventi 
non  possono  comunque 
comportare  modifiche  o alterazioni 
agli  elementi  architettonici  o 
decorativi  degli edifici.
B) Manutenzione straordinaria
Gli interventi 
di  manutenzione  straordinaria 
sono  costituiti dalle  opere  
e  dalle  modifiche 
necessarie  per  rinnovare 
e sostituire le  parti anche
strutturali degli edifici, nonché per realizzare  ed  
integrare  i   servizi 
igienico  -  sanitari 
e tecnologici, sempre  che
non  alterino i  volumi e 
le  superfici delle singole unità
immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d’uso.
Tali  opere   e 
modifiche   non  potranno  
comunque  comportare alterazioni
alle  strutture  orizzontali 
o  a  quelle 
verticali aventi carattere strutturale, né potranno comportare
alterazioni del carattere architettonico dell’edificio.
Sono interventi  di
manutenzione straordinaria le seguenti opere, quando siano  eseguite con 
materiali, caratteri o colori diversi da quelli esistenti.
 1) rifacimento di
intonaci e coloriture esterne;
 2) rifacimento degli
infissi esterni;
 3) rifacimento della
sistemazione esterna;
 4) rifacimento dei
pavimenti o rivestimenti interni ed esterni;
 5) rifacimento del
manto di copertura.
In  particolare   sono 
considerati  interventi  di 
manutenzione straordinaria quelli 
sotto elencati, quando comportino esecuzione di opere murarie:
 6) rifacimento o
installazione di materiali di isolamento;
 7)  rifacimento o 
installazione di  impianti di
riscaldamento o   raffreddamento;
 8)  rifacimento  
o installazione  di impianti  di 
ascensore  o  montacarichi;
 9)  rifacimento o 
installazione di  impianti di
accumulazione o sollevamento idrico;
10) rifacimento di impianti igienico sanitari.
Sono   comunque    considerate   interventi   
di    manutenzione straordinaria
le seguenti opere: 
11) installazione 
di   impianti  igienico 
-  sanitari  ricavati 
nell’ambito del volume dell’unità immobiliare;
12) realizzazione  di
chiusure  o di  aperture 
interne  che  non 
modifichino lo schema distributivo;
13) consolidamento delle strutture di fondazione o di
elevazione;
14) costruzione di vespai o scannafossi.
C) Restauro e risanamento conservativo
Gli interventi  di
restauro  e di  risanamento conservativo  sono quelli rivolti  a conservare l’organismo edilizio e ad
assicurare la funzionalità  mediante
un  insieme sistematico  di opere che, nel rispetto  degli elementi  tipologici, formali  e 
strutturali dell’organismo stesso, 
ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili.
Tali interventi comprendono il consolidamento, il
ripristino e il rinnovo degli  elementi
costitutivi  dell’edificio, l’inserimento
degli  elementi   accessori 
e  degli  impianti 
richiesti  dalle esigenze  dell’uso  
l’eliminazione   degli   elementi  
estranei all’organismo edilizio.
D) Ristrutturazione edilizia
Gli interventi di ristrutturazione edilizia sono quelli
rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di
opere  che possono portare ad un
organismo edilizio in tutto o in parte 
diverso dal  precedente. Tali
interventi comprendono il ripristino o 
la  sostituzione  di 
alcuni  elementi  costitutivi dell’edificio, la  eliminazione, la  modifica e 
l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Le  opere  di 
ristrutturazione  edilizia  si 
suddividono  nelle seguenti
categorie:
D1 -  Opere che  comportino anche  la riorganizzazione funzionale interna
delle  singole unità  immobiliari, senza  che 
ne  siano alterati i  volumi e 
le superfici,  con modifiche  agli elementi verticali  non  
strutturali,  e   fermi 
restando   i  caratteri architettonici e  decorativi dell’edificio,  nonché gli elementi costituenti arredo
urbano.
D2 -  Le opere che,
anche in deroga agli artt. 7, 8 e 9 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, comportino
la riorganizzazione funzionale interna delle singole unità immobiliari e il
loro adeguamento igienico -
sanitario, con  modifiche  non 
incidenti  anche  sugli 
elementi verticali strutturali per:
- costruzione di servizi igienici in ampliamento della
volumetria esistente;
- rialzamento 
dell’ultimo piano,  nel caso  che 
questo  risultiabitato e senza che
si costituiscano nuove unità immobiliari;
- ristrutturazione 
e    destinazione    residenziale  di 
volumidestinati ad altri usi.
D3 - Opere che comportino la ristrutturazione e la modifica
anche degli elementi  strutturali
orizzontali  dell’edificio, fino allo
svuotamento dell’involucro edilizio.
E) Ristrutturazione urbanistica
Gli  interventi   di 
ristrutturazione  urbanistica  sono 
quelli rivolti a  sostituire
l’esistente  tessuto urbanistico -
edilizio con altro  diverso mediante  un insieme sistematico di interventi edilizi
anche  con la  modificazione del disegno dei lotti, degli
isolati e della rete stradale.
Le opere  di
ristrutturazione  urbanistica si  suddividono 
nelle seguenti categorie:
- Opere    che    comportino 
la    complessiva  riorganizzazione distributiva e  funzionale, nonché di quella
planivolumetrica,  del singolo  edificio, anche  attraverso opere  di 
parziale  o  totale demolizione e ricostruzione del volume
originario, fermi restando i preesistenti rapporti urbanistici.
- Le  opere rivolte
alla sostituzione e alla modifica del tessuto  
edilizio  e   urbanistico 
esistente.   Vi  sono  
comprese  la   demolizione degli  edifici, o di parte di essi, non
compatibili   dal punto  di vista 
morfologico e  ambientale o
funzionale con  l’insieme  del   tessuto  
urbanistico   -   edilizio,  
o   la   ricostruzione, parziale  o totale, 
di  edifici  distrutti 
per   eventi naturali o bellici.